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Registro antiriciclaggio
Il registro antiriciclaggio è uno strumento che la legge impone ad alcune categorie di professionisti per vagliare le operazioni economiche sospette di riciclaggio. In particolare, è stato il decreto legislativo 231/2007, recependo alcune direttive europee a riguardo, a introdurre un obbligo di collaborazione in capo a determinate categorie professionali, che sono chiamate in primo luogo a tenere sotto controllo la propria clientela e segnalare all'Archivio Unico Informatico (AUI) le operazioni che ritengono più rilevanti. In questo modo, questi dati vengono resi disponibili all’intero sistema delle autorità antiriciclaggio.
Oltre a questo registro elettronico, i professionisti devono mantenerne un registro antiriciclaggio cartaceo redatto secondo le disposizioni della legge. Il decreto 231/2007 chiama a questo obbligo commercialisti, revisori, CED (Centri elaborazione dati contabili), consulenti del lavoro, avvocati, notai, agenti immobiliari e società di recupero crediti. Si tratta di professionisti che gestiscono o addirittura certificano notevoli movimenti di denaro e proprietà, che potrebbero nascondere operazioni di riciclaggio.
Nel registro cartaceo devono innanzitutto essere raccolti i dati identificativi del cliente, se persona fisica, ma anche dei suoi legali rappresentanti o titolari effettivi, se invece ci si confronta con una persona giuridica, come le imprese. Questi dati sono nome e cognome, luogo di nascita, indirizzo, codice fiscale ed estremi del documento di identità presentato al professionista. Nel caso delle persone giuridiche, bisogna aggiungere anche l’indicazione della sede legale, della denominazione, del codice fiscale e della partita IVA. Le informazioni devono essere registrate entro 30 giorni dall'accettazione dell’incarico per conto del soggetto coinvolto. Nel caso il professionista non istituisca secondo tutte le norme di legge un proprio registro antiriciclaggio può incorrere in una sanzione penale pecuniaria di 5.000 euro.
Dopo aver adempiuto a questi obblighi, i professionisti devono comunque continuare a vigilare ed eventualmente segnalare alle autorità competenti operazioni che, per caratteristiche, imposto e natura, possano far sospettare di attività illegali di riciclaggio.
Oltre a questo registro elettronico, i professionisti devono mantenerne un registro antiriciclaggio cartaceo redatto secondo le disposizioni della legge. Il decreto 231/2007 chiama a questo obbligo commercialisti, revisori, CED (Centri elaborazione dati contabili), consulenti del lavoro, avvocati, notai, agenti immobiliari e società di recupero crediti. Si tratta di professionisti che gestiscono o addirittura certificano notevoli movimenti di denaro e proprietà, che potrebbero nascondere operazioni di riciclaggio.
Nel registro cartaceo devono innanzitutto essere raccolti i dati identificativi del cliente, se persona fisica, ma anche dei suoi legali rappresentanti o titolari effettivi, se invece ci si confronta con una persona giuridica, come le imprese. Questi dati sono nome e cognome, luogo di nascita, indirizzo, codice fiscale ed estremi del documento di identità presentato al professionista. Nel caso delle persone giuridiche, bisogna aggiungere anche l’indicazione della sede legale, della denominazione, del codice fiscale e della partita IVA. Le informazioni devono essere registrate entro 30 giorni dall'accettazione dell’incarico per conto del soggetto coinvolto. Nel caso il professionista non istituisca secondo tutte le norme di legge un proprio registro antiriciclaggio può incorrere in una sanzione penale pecuniaria di 5.000 euro.
Dopo aver adempiuto a questi obblighi, i professionisti devono comunque continuare a vigilare ed eventualmente segnalare alle autorità competenti operazioni che, per caratteristiche, imposto e natura, possano far sospettare di attività illegali di riciclaggio.



